INTERVISTA A FABIANO BUSDRAGHI

(a cura di Boskizzi)

Boskizzi: Ciao Fabiano, è consuetudine che i nostri intervistati per cominciare raccontino un po' chi sono, cosa fanno e verso quale meta sono diretti. Dicci tutto.

Fabiano: È per me un po' difficile raccontare chi sono, perché di fatto sono una persona che ha un po' mille vite, alcune tendenzialmente parallele altre a cicli, per 4 o 5 anni mi occupo di un certo argomento, mi ci dedico anima e corpo, "indosso" una vita ben precisa, poi salto verso qualcosa d'altro, sempre alla ricerca di conoscenza e esperienze, un'insaziabile sete di scoperte.

Se però devo cercare di definirmi in qualche modo direi che sono una persona che, alla fine dei conti, cerca sempre l'aspetto poetico dell'esistenza. Questo è un leitmotiv che mi ha sempre accompagnato fin da bambino, una specie di colore di fondo della tela su cui via via ho disegnato le varie scene della mia vita. Anche se ho vissuto un po' qui e un po' là, fatto un po' di tutto, cambiato prospettiva mille volte, alla fine un desiderio di poesia, di bellezza, un stupore nei confronti dell'esistenza mi ha sempre accompagnato. In generale tutto ciò si è espresso per via privilegiata tramite la scrittura, e da alcuni anni tramite la fotografia, ma in realtà è una costante nella mia vita, che può passare anche per attività generalmente non percepite come poetiche: i rapporti con gli altri, i viaggi, lo sguardo quotidiano sull'esistenza, la cucina, l'amore per una persona.

Questo per quanto riguarda, come si dice in francese, petite histoire: sono nato nel 1980 vicino a Carate Brianza, in provincia di Milano. Nel 1992 mi sono trasferito in Toscana nell'agriturismo della famiglia, nei pressi di Suvereto, un piccolo paese medioevale fra le colline di ulivi e la macchia mediterranea. Durante gli anni successivi mi sono dedicato soprattutto all'equitazione agonistica e alla scrittura, alcune poesie scritte durante il liceo hanno avuto in seguito riconoscimenti a livello nazionale. In seguito mi sono iscritto alla facoltà di Fisica e al termine degli studi ho conseguito una laurea specialistica con 110 e lode all'università di Pisa e un'altra in Oceanografia e Meteorologia all'università Pierre et Marie Curie di Parigi 6. Dal 2002, escluso un anno passato a Napoli, vivo nella capitale francese, cui aggiungo numerosi viaggi all'estero e a volte in luoghi remoti, come l'Antartide. All'inizio del 2007 ho abbandonato la carriera scientifica per dedicarmi unicamente alla fotografia e alla scrittura. Più nessun capo, nessun obbligo, ricominciare da zero: saltare fuori dai binari che ci vengono costruiti attorno, avere un nuovo foglio bianco su cui scrivere come voglio quella che sarà la mia vita.

Nel campo fotografico attualmente lavoro soprattutto con fotografie di viaggi e opere più personali per le gallerie di arte contemporanea. Alcune mie fotografie della serie dei Demoni sono esposte in permanenza da una galleria di Parigi, a settembre 2008 verrà fatta una personale a Barcellona con alcuni lavori degli ultimi due anni e probabilmente presto anche a Milano. Il lavoro di cui mi occupo di più da un anno a questa parte è una serie sugli elementi ripetitivi, ottenuta tramite fotomontaggi di parti di edifici e palazzi, quindi incollando insieme moltissime immagini fra di loro. Le fotografie sono un'esplorazione di uno spazio urbano possibile, uno spazio fra presente e futuro, le città come sono o come potrebbero diventare. Sono un viaggio in un modus vivendi sempre più smaterializzato e decentralizzato, in cui la ripetizione e la standardizzazione sono imperanti. Grazie alle dimensioni gigantesche del file le foto vengono poi stampate molto grandi e utilizzate per creare installazioni artistiche tridimensionali.

Nel frattempo faccio anche qualche lavoretto di fotografia più convenzionale, ma di rado. In questo periodo sono più in un'ottica di sviluppo delle mie idee personali che in un ambito commerciale, dopo gli anni di dottorato ho deciso di dedicarmi per qualche tempo allo sviluppo delle mie idee, senza esser sottomesso completamente alle logiche di mercato. Per quanto riguarda il futuro vorrei viaggiare di più e più a lungo. Da alcuni mesi imparo la lingua cinese (eh si, mi sono iscritto per la terza volta all'università, ci vorrebbero davvero mille vite...), all'inizio l'idea era di andare in Cina per alcuni anni, con la scusa di insegnare tecniche antiche di stampa fotografica in una scuola d'arte. Ma la cosa che mi interessa di più è il viaggio, rimettersi in cammino, vivere, sperimentare, capire una delle culture fra le più diverse della nostra, documentandone contraddizioni recenti, eredità del passato e tensioni future.

D: Fabiano, è sorprendente constatare quanto tu ti sia dato da fare in diversi ambiti, sia geografici che artistici. La tua vita affascinerà senz'altro molti dei nostri lettori, per cui ti chiedo, prima di proseguire con le domande, di lasciare un messaggio per tutti quelli che leggeranno questa intervista poco convenzionale. Sii te stesso, vogliamo conoscerti meglio.

R: In primo luogo un esercizio di modestia mi pare necessario. È vero che ho girellato un po' in lungo e in largo saltando fra varie vite possibili, ma allo stesso tempo non ho una vita palesemente eccezionale. Un esempio per chiarire quello che intendo: sono stato due volte in Antartide, ed effettivamente è un sogno che la maggior parte delle persone non potrà mai realizzare, e sono cosciente della fortuna che ho avuto, però c'è chi l'Antartide l'ha traversato a piedi e in solitario! Lui si che è eccezionale, io sono ancora ben lontano da esperienze simili. Questo spero serva a ridimensionare un poco lo stupore e levare il dubbio che me la tiri a morte, visto che è una atteggiamento che ho particolarmente in antipatia.

Di fatto, l'unica cosa che ho -diciamo- di un filo particolare è un'irrequietezza senza fine. Una voglia continua di vedere, di fare, di sperimentare, assaggiare, amare, camminare, vivere. Tutto ciò, oltre a regalarti una vita ricca, piena, tumultuosa e aneddoti a non finire da raccontare, implica necessariamente anche tanti sacrifici. Tanti momenti di sconforto, un pizzico di invidia per chi una casa ce l'ha e non si sente sempre pronto a smontare la tenda che chiama casa per comodità, tanti giorni in cui vorresti solo trovarti nei panni di una persona tranquilla. Ma si sa, l'erba del vicino è sempre più verde.

Non so dove i gabbiani abbiano il nido
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo
La vita la sfioro
com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
(V. Cardarelli)

Allora ho imparato ad accettare il fatto che questa è la mia natura. Sono fatto così, è il mio destino, come dice Cardarelli, c'è poco da dire. Non è sempre facile da accettare come cosa, ma mi sembra che l'unica via da seguire sia questa, la mia via. Ogni altra scelta sarebbe una violenza, sarebbe camminare bendati. Forse accettare se stessi, la propria natura, cercare sempre il modo per migliorare, non arrendersi mai, mettere sempre un piede davanti all'altro un giorno, non scendere a compromessi con la vita, forse un giorno porterà i suoi frutti.

Non smetter mai di ballare, ecco. Si, proprio così. Non smetter mai di ballare.

Rock'n roll.

Questo è l'unico messaggio che mi sento di poter dare.

D: Personalmente credo che questa tua irrequietezza di fondo traspaia, nei progetti che realizzi. Pensi che le tue fotografie siano rock'n'roll? Per quale motivo?

R: Si sicuramente. Anche in fotografia salto fra temi e stili completamente diversi, come nella vita. Sono un grandissimo amante della fotografia di viaggio e di reportage, e le mie foto in Antartide sono forse fra i migliori scatti che ho fatto in vita mia. Allo stesso tempo mi piace particolarmente lavorare con le persone, quindi ritratti, studi sul corpo, ambientazioni, stage photography, autoritratti sono tutte pratiche benvenute. Per la galleria di Barcellona invece come dicevo sto preparando un lavoro quasi completamente concettuale sugli elementi ripetitivi nell'architettura. Per quanto riguarda gli strumenti apprezzo incredibilmente le tecniche digitali di ritocco, tanto che in alcuni casi reinvento completamente le immagini, quasi al limite del collage o del disegno. Allo stesso tempo sono un grande amante della camera oscura tradizionale, e da alcuni anni mi diletto con tecniche antiche e alternative. Anche in questo caso, invece di sceglierne una e passare la vita a stampare con quella, nel tempo son passato per carta salata, albumina, gomma bicromata, carbone, van Dyke, cianotipo e naturalmente le combinazioni di diverse tecniche fra di loro, cosa che rende le possibilità infinite.

Anche in questo caso si potrebbe pensare, come nella vita, che sono terribilmente dispersivo. In parte è vero, ed per questo che da un paio di anno cerco di lavorare su serie coerenti di immagini, avere progetti precisi e completarli. Questa è una pratica particolarmente difficile per chi ha il mio carattere, ma mi sembra un esercizio necessario per portare avanti una certa coerenza di fatto. Una volta completata una certa serie caratterizzata da un certo soggetto, stile, metodo, feeling, etc passo ad un'altra, magari completamente diversa. Oppure lavoro in contemporanea su diversi progetti, ma cerco comunque di chiuderne uno prima di buttarmi in uno nuovo.

Certo, questo rende difficile avere uno stile personale facilmente riconoscibile, cosa che semplifica la vita per chi espone in gallerie. Però ancora una volta sono fatto così e non c'è molto da fare. Mi annoierei a morte a stampare alla gomma solo ritratti di ragazze, per tutta la vita. Molti artisti, che comunque apprezzo tantissimo, fanno sempre la stessa cosa. Botero, che è uno dei miei pittori e scultori preferiti, ha dipinto tutta la vita le sue persone grasse. A me piacciono da morire, ma mi chiedo se non si annoia a fare sempre la stessa cosa. Magari no, gli piace così, ma io non ce la farei. Se questo significa che oggi non ho uno stile mio pazienza, forse verrà fuori quando sarò vecchio, riguardando il lavori di una vita forse un accento comune salterà fuori da solo. O forse il mio stile è proprio quello di cambiare di continuo. Per fortuna ci sono esempi di grandissimi artisti e fotografi che hanno passato la vita a reinventare quello che facevano. Senza assolutamente volermi mettere al loro livello mi viene subito in mente Picasso e André Kertész. A volte poi mi chiedo se tutti gli artisti che seguono sempre "il loro" stile non sono piuttosto schiavi di un'esigenza di mercato, più o meno imposta dalle gallerie. Quindi si, in questo senso le mie foto sono Rock'n roll. Nel senso iniziale del termine che può essere tradotto con "ondeggia e ruota", ovvero non ti fermare mai, continua a ballare. Quando ho scritto la frase poi pensavo allo splendido film The Rules of Attraction di Roger Avary. Uno dei protagonisti, Sean Bateman, lo usa proprio in questo modo "ma si, non ci fermiamo". In questo senso un po' lato possiamo dire che le mie foto sono Rock'n roll, ma naturalmente non significa che fotografo la scena musicale o che lo stile è quello del rock. Beh, inutile dirlo, ormai lo sai, sono allergico alla parola stile.

Il riferimento al Rock'n roll inoltre mi piace particolarmente perché penso che la musica abbia dato un ottimo esempio che il mondo dell'arte, compreso quello della fotografia colta, ancora non ha saputo seguire. La situazione è complessa e mi permetti solo una rapida digressione? Purtroppo per questioni di spazio banalizzo un po' i concetti, che già le mie risposte sono troppo lunghe.

Direi che nel panorama artistico degli ultimi decenni, e naturalmente nel campo della fotografia d'arte contemporanea, il genere che forse ha più avuto piede è quello concettuale. Salvo chiaramente note eccezioni è questa la posizione teorica che ha permeato buona parte dell'attività artistica dell'ultimo mezzo secolo e che ancora riempe musei e gallerie.

La pura idea astratta e la riflessione concettuale hanno sostituito anche completamente il manufatto concreto, ponendosi come culmine del processo, iniziato con l'impressionismo, di astrazione e distacco da una rappresentazione mimetica della realtà. Il problema è che arrivati al culmine di questo percorso, nessuna ulteriore astrazione è possibile. Si è dunque assistito, almeno in parte, ad un rimpastare linguaggi e forme espressive, che spesso hanno portato a splendidi lavori, ma rimanendo sempre ancorati a questo nodo centrale: arte che è pura idea astratta, staccata dall'oggetto concreto. La sensazione quindi è che spesso i musei e le gallerie siano rimasti in un certo modo fermi di decenni, producendo novità di linguaggio, ma nessuna rivoluzione concettuale. Gli artisti hanno cambiato il soggetto e la contingenza formale dell'esplorazione, ma sono rimasti fermi a questo presupposto di base, che sia l'atto mentale dell'artista a fare l'arte, punto e basta.

Un secondo problema degli ultimi decenni è l'intelligibilità dell'opera, la difficoltà di interpretazione e comprensione della stessa. Certo la fotografia, fra le tante cose, può essere anche linguaggio. Però la fotografia è un linguaggio pesantemente ambiguo e molto meno elastico della comunicazione verbale. La filosofia è sicuramente più adeguata a produrre del concettuale puro che resti comprensibile. Questo processo di astrazione ha portato a mio vedere parte dell'arte contemporanea a esercizio intellettuale elitario, relegandola a pochi addetti ai lavori. Non si tratta solo di difficoltà di comprensione dovute ad una mancanza di educazione del pubblico, alla necessità di avere a disposizione degli strumenti di comprensione adeguati. Parte dell'arte contemporanea è chiusa nell'incomunicabilità pura, il problema di comunicazione è strutturale, intrinseco. Visto che si è arrivati al culmine dell'astrazione, senza il libretto di istruzioni in generale è impossibile capire l'opera, seguire un concerto di musica colta contemporanea, seguire l'esposizione di un museo.

Come superare allora l'astrazione pura e l'incomunicabilità senza un ritorno ai canoni del passato? In che direzione può andare la fotografia artistica contemporanea?

Una risposta a mio vedere può venire dal mondo della musica. La musica colta ha seguito durante il novecento il suo percorso verso la dodecafonia e l'anarchia compositiva priva di qualunque struttura estetica unificante. Durante lo stesso secolo però è nato il Jazz, agli inizi considerato musica degenerata da tanto noti intellettuali, ma vera boccata d'aria fresca per chi, ai tempi, voleva ascoltare musica contemporanea, che fosse nuova e allos tesso rimanesse vicina alla gente. Quando si è evoluti verso il Free-jazz, con tutta la sua anarchia compositiva, ecco emergere il Rock 'n roll, e poi la musica elettronica, il Crossover, il Rap, etc. La musica dell'ultimo secolo, pur tendendo sempre alla destrutturazione, ha saputo sempre reinventare un nuovo linguaggio democratizzante, facendo sempre i conti col passato ma tendendo sempre verso il nuovo, progredendo verso il concettuale ma tornando a sbalzi verso un contenuto emotivo diretto.

In fotografia, anche se con qualche decennio di ritardo, sta succedendo almeno in parte qualcosa di simile, sempre più fotografi producono lavori che trovano un riuscitissimo punto di incontro comune fra estetica e concetto, impatto emotivo e contenuto intellettuale.

Per questo motivo spero proprio di poter dire che la mia fotografia è Rock'n roll!

D: Fabiano, le tue parole mi portano verso una domanda legata per certi versi a Design Radar. Come ti poni nei confronti dei portali, legati magari a fotografia, arte e design? Pensi che possano essere uno strumento ancora utile, per approfondire, imparare e scoprire cose nuove? Hanno ancora un senso? Ti chiedo questo anche alla luce delle recenti chiusure di alcuni siti storici come LOUNGE72 e Pixelsurgeon.

R: Io sono un mutante, per utilizzare il vocabolario coniato da Baricco nel suo I barbari. Ho un sito, cui dedico anche molto tempo ogni settimana, passo buona parte della mia vita davanti ad un computer a
scrivere, ritoccare le foto, scrivere mail, però allo stesso tempo sono ancora un uomo del secolo scorso, uno che a 19 anni, subito prima della fine del millennio, non aveva un computer suo, non sapeva cos'erano le mail, Internet e che il tasto sul monitor accende solo quello, e non tutto il computer.

Di internet faccio quindi un uso quotidiano, ma allo stesso tempo seguo vie di informazione più tradizionali. Penso che tutti gli strumenti di diffusione siano di per se utili, indipendentemente dai tempi. Poi esistono le comunità, i tipi che frequentano assiduamente un sito, le persone che passano diverse ore al giorno su un forum, chi salta di palo in frasca, o di onda in onda vista che si parla di surfing, chi cerca informazioni unicamente se ne ha bisogno. Io appartengo soprattutto a quest'ultima categoria di persone. Ho purtroppo sempre molti impegni, per il semplice fatto che è tecnicamente difficile fare entrare tutto nelle 24 ore di una giornata, senza contare poi che a volte sono anche un po' pigro e disorganizzato.

Nonostante questo credo che internet resti un favoloso sistema di informazione, quando cerchi trovi moltissimo e sicuramente è grazie anche ai portali. Effettivamente la democratizzazione degli strumenti di publishing sul web a portato anche all'individualizzazione dei contenuti, con migliaia di blog che fioriscono un po' dappertutto. Analizzare la situazione per cercare di predire se si è giunti alla fine dell'era dei grandi portali, per passare ad un disgregato di blog personali va al di là delle mie competenze.

D: Per quanto riguarda le antiche tecniche di stampa, il primo approccio è stato tramite il web o ti sei documentato in altra maniera? Da dove arriva questa tua passione per alcune modalità di stampa ormai quasi dimenticate del tutto?

R: Giusto, questo è un ottimo esempio che dimostra come internet, quando hai bisogno di trovare qualcosa, sia veramente una miniera di informazioni incredibili. Ho alcuni libri di tecniche antiche, ma fondamentalmente è grazie a internet che ho imparato quasi tutto quello che so. Direttamente, grazie ai tanti siti di appassionati che pubblicano infiniti tutorial, i forum e le mailing-list, fra cui non è possibile citare almeno alt-photo; che indirettamente, scoprendo grazie a internet la splendida rivista Post factory photography, o incontrando, sempre grazie a internet, Damiano Bianca, uno dei più grandi stampatori italiani di tecniche antiche, che ha realizzato la tiratura al carbone delle mie foto di demoni, e che è anche diventato un grande amico.

Personalmente credo di aver scoperto le tecniche antiche di stampa nel 2002, sfogliando per caso una pubblicazione, "Alternative photographic process" di Reed e Webb, in una libreria di fotografia. Allora non sapevo praticamente nulla di fotografia, stavo muovendo i primi passi in con sviluppi e compagnia, e fu una passione travolgente. In pochissimo tempo divorai tutte le informazioni che potevo trovare in merito alla camera oscura, fra cui le tecniche antiche di stampa, che mi interessavano particolarmente perché sono sempre stato attirato da ciò che è strano, fuori modo, sconosciuto, ignorato dai più.

Era ancora un periodo in cui consideravo, per ignoranza, la fotografia analogica superiore a quella digitale, e quindi stampavo quasi unicamente con procedimenti tradizionali. In camera oscura passavo quasi tutte le notti e buona parte dei week end, cosa che causò grandi litigi con la mia ragazza di allora, che mi vedeva arrivare quasi tutti i giorni alle tre del mattino e saltar su dal letto domenica alle 7 per tornare nel buio confortevole alla tenue luce rossa della lampada inattinica.

Quello che mi attirava era la magia dello sviluppo di una stampa, magia che rivivo ogni volta che metto un foglio nel rivelatore, e per quanto riguarda le tecniche antiche, la nostalgia per le grandi tradizioni del passato, l'amore per la componente puramente artigianale della fotografia, il piacere tattile di toccare le carte tipiche delle belle arti, annusare la puzza di tutti i prodotti chimici, il suono della musica durante le lunghe ore notturne in solitaria o in compagnia di un amico. La voglia di preservare qualcosa che si sta perdendo, poter dire fra cinquant'anni, quando tutti se lo saranno dimenticato, come si faceva una volta, diventare portatore di una tradizione, custode di qualcosa di fragile. E poi naturalmente la grande bellezza di queste stampe, che vanno viste dal vivo almeno una volta per capire di cosa si tratta.

Adesso questo piacere tattile, il gusto di lavorare con le mani, mi accompagna ancora, anche se quasi non stampo più con le tecniche antiche, perché ci vole veramente tanto tantissimo tempo per ottenere i risultati voluti. Voglio soprattutto essere un fotografo, scattare, esporre, incontrare persone, avere una ragazza, piuttosto che stare rintanato per giorni e giorni al buio. Voglio lavorare più sulle immagini che sulle stampe, voglio concentrarmi più sul messaggio, perché fotografo, cosa voglio comunicare, che passare ore infinite a perfezionare una stampa. Per questo motivo stampo solo una volta ogni tanto, più per il piacere di farlo che per altro.

D: Questa domanda te la sei cercata :) Hai accennato al fatto che qualche anno fa pensavi che l'analogico fosse superiore al digitale: le pensi ancora così? why?

R: No, non la penso più così, ero agli inizi e non avevo abbastanza cultura per rendermene conto. Sul digitale giravano ancora tanti pregiudizi, la diffusione di foto digitali di qualità era minore di oggi, c'erano meno notizie ad un livello non professionistico. Oggi no, non la penso assolutamente più così, ma alla tua domanda non voglio rispondere :-) Troppo inchiostro è stato versato, sui forum ci sono discussioni infinite per giudicare se un sistema è migliore rispetto all'altro. In generale è un affannarsi che è una totale perdita di tempo, che potrebbe invece esser dedicato a fotografare. Intanto ognuno dei due sistemi ha i suoi pregi e i suoi svantaggi, e in generale chi denigra l'uno o l'altro lo fa per pura ignoranza. Riducendo il discorso ad un fattore puramente qualitativo infatti entrambi i sistemi permettono di ottenere risultati strepitosi, diversi ma strepitosi, basta andare spesso per musei e gallerie per rendersene conto con evidenza lampante.

Personalmente quasi tutti i giorni utilizzo l'uno o l'altro, a seconda del risultato che voglio ottenere, e anche della voglia che ho di stare davanti al computer piuttosto che in camera oscura. Perché non
fanno tutti così invece di blaterare all'infinito? Perché non godere di tutti, proprio tutti gli strumenti favolosi che abbiamo la fortuna di poter usare? Per me ormai non ha praticamente più alcuna importanza lo strumento, a partire dal momento in cui serve per raggiungere il fine che mi sono fissato. La tecnica deve essere al servizio dell'espressione. Quello che conta per me è il romanzo, non la macchina da scrivere utilizzata per battere le pagine, il quadro e non la marca dei colori, la fotografia e non i sali o i pixel.

D: Fabiano, ti confesso che sono un assiduo lettore del tuo blog di fotografia. Direi quindi che ad un certo punto non ti sei più solo limitato a reperire informazioni sul web ma hai anche deciso di mettere le tuo conoscenze a disposizione di tutti... cosa ti ha spinto a farlo? Spesso i fotografi sono invidiosi delle proprie "conoscenze"...

R: Inizialmente Camera Obscura è nata esclusivamente per le tecniche antiche di stampa.

Da una parte voleva voleva essere un blocco degli appunti ripulito delle mie esperienze di camera oscura, perché quando ho cercato di farlo cartaceo mi sono sempre incasinato e ho pensato che forzarmi a scrivere per gli altri mi avrebbe obbligato a ripulire le mie conoscenze e razionalizzare il mio pensiero. Dall'altra voleva colmare il vuoto di letteratura in italiano su argomenti avanzati di tecniche antiche, visto che la maggior parte degli articoli che si incontrano su internet si riducono alle basi per chi vuole iniziare, come per esempio preparare una certa soluzione chimica, ma non discutono quasi mai nel dettaglio i veri problemi che incontra uno stampatore avanzato, oppure chi vuole andare al di là di una semplice stampa, e iniziare a capire e piegare al proprio volere una certa tecnica. Oltre agli articoli banalissimi si trovano poi tantissime informazioni nei forum, ma queste mancano della struttura e dell'organizzazione di un articolo compiuto, pensato e digerito prima di scriverlo.

Nel giro di qualche mese mi sono reso conto che avevo voglia di parlare anche di altre cose, come tecniche digitali, mostre che avevo visto, fotografie di altri amate, dialogare con altre persone... ma soprattutto volevo parlare meno di tecnica e più di fotografia. Il blog si è quindi aperto e tratta un po' di tutto, a volte anche al limite della fotografia. Le linee guida rimangono però quelle di prima, salvo qualche eccezione articoli lunghi e approfonditi, materiale originale, se ne sono visti troppi di blog che servono solo da eco, ogni giorno una breve per far rimbalzare una notizia trovata online. Oltre ad essere una mappa che permetta di orientarsi nella rete voglio che Camera Obscura generi contenuti. Il tutto si è rivelato faticoso ma molto interessante, in special modo le interviste, che come saprai permettono di imparare tantissimo a propria volta. Visto che è questo l'ambito che mi da più soddisfazioni e che credo sia più interessante anche per i lettori ne ho iniziate una buona decina e nei prossimi mesi le pagine di Camera Obscura si arricchiranno con tanti interventi di vari fotografi, ognuno dei quali mi ha insegnato qualcosa.

Ed è un po' per questo che pubblico anche "segreti personali". Naturalmente a volte esito, perché do via scoperte costate anche lunghi giorni di lavoro, ma poi alla fine spazzo via le esitazioni e faccio del mio meglio per spiegare facilmente quello che conosco. Alla fine continuo a pensare che quello che conta non sia la tecnica che rivelo a qualcuno, ma quello che io metto nelle mie fotografie, e questo non me lo può rubare nessuno. In ogni caso Internet, le persone che scrivono tutorial e credono nell'open source, i fotografi che ho intervisto, etc mi hanno regalato moltissimo e volevo offrire anche io il mio contributo, gratis, svincolato da ogni logica di profitto, unicamente per quello che mi ha spinto a prendere la macchina in mano: un grandissimo amore della fotografia.

Sarò anche naif, ma mi piace poter sperare in un mondo che funziona anche cosi'.