MAFFIA EXPO / ECHI / VIOLA LORENZA SAVARESE

Proseguono gli Expo del Maffia Club: dopo "I tarocchi dell'Elfo" di Marco Circhirillo, le pareti di via Ramazzini a Reggio Emilia ospiteranno le opere di Viola Lorenza Savarese. L'artista modenese presenterà, per l'occasione, un progetto di 25 scatti dedicato agli echi che ancora rimbombano negli edifici in abbandono ma ancora terribilmente vivi degli ex ospedali psichiatrici italiani.

INFO

Maffia Expo
Echi
di Viola Lorenza Savarese
da sabato 10 novembre a domenica 16 dicembre
Maffia Illicit Music Club, Reggio Emilia
(flyer/pdf/download)

BIOGRAFIA DI VIOLA LORENZA SAVARESE

Nasco nel 1972 e vivo tra Modena e Firenze. Ho studiato legge con una malsana passione per la criminologia e l'antropologia comportamentale.. nonostante questo lavoro in ufficio: italian style!

In realtà amo la fotografia da sempre; amo così tanto questa forma d'arte da non essere mai riuscita ad avvicinarmici come autrice per uno strano senso di inadeguatezza, quasi di imbarazzo.

Nel 2006 stanca di seguire da semplice spettatrice gli amici fotografi, conquisto la mia prima digitale Nikon e timidamente comincio a “congelare attimi”. Scatto dopo scatto scopro, con mia grande sorpresa, che gli anni dedicati all'osservazione dell'arte altrui mi avevano in qualche modo insegnato a catturare quello che solitamente non si vede affatto, quello che non sembra degno di attenzione, quello che i nostri occhi non hanno l'abitudine di “mettere a fuoco”. Non molto tempo dopo faccio la conoscenza di un gruppo di persone che da qualche anno si sta occupando di “fotografia dell'abbandono”, di archeologia industriale e urbana, come unica comunità strutturata nel nostro territorio. Ben presto ne rimango affascinata, inghiottita, rapita.. e ho cominciato a ricercare tracce di quello che un tempo “era” e che oggi ancora “è”, ma con le sue assenze, con le presenze che mancano.

L'intento di questo progetto è quello di conservare, almeno racchiudendolo dentro ad uno scatto, l'immenso patrimonio che l'Italia possiede, prima che il tempo o le cause economiche, politiche e sociali, riescano a spazzarlo via. L'intento è altresì quello di divulgazione visiva di una bellezza insita in uno stato di declino e decadenza che solitamente si tende a non vedere. Con le mie immagini cerco di trasmettere l'ostinata volontà di continuare ad esistere di certi luoghi; cerco di trasmettere la pazienza di osservare come ciò che è rovina non è solamente un accumulo di polvere e sporcizia, ma al contrario è la bellezza insita nel suo stato di declino, è un'eredità fragilissima di lughi un tempo vivi e teatro di vita di persone che al loro interno hanno scritto la loro storia.

Nelle mie immagini tendo a isolare distintamente i soggetti da ciò che li circonda, spesso con close-up molto stretti e, con un taglio netto, cerco di astrarli dal fluire del tempo.

All'interno del più vasto progetto, chiamato “Tracce” trova uno spazio a se stante “Echi”, raccolta di immagini scattate negli ex ospedali psichiatrici. Il titolo dato al progetto non è casuale: come in nessun altro luogo, percorrendo i lunghi corridoi di quelle strutture ormai in sfacelo, sento ancora gli echi di quello che accadeva e il silenzio diventa assordante. Attraversando corridoi lunghissimi, dove si possono contare decine e decine di stanze ed un solo servizio igenico; entrando in quelle stanze, dove si possono contare, ancora presenti, decine di reti metalliche si ha la percezione delle condizioni disumane in cui versavano i così detti “matti” fino alla chiusura delle strutture manicomiali, nel 1980. Ho trovato moltissime tracce di anime straziate.. ho trovato graffi nel muro che furono unghiate, ho trovato giocattoli da bambini nel reparto degli adulti, ho trovato disegnati sui muri frammenti di emozioni, sono entrata in cellette di contenzione di appena 2 metri per 2 dove, chiusami la porta alle spalle, mi sono sentita morire dopo appena un minuto, ho trovato vasche da bagno e spazi dove le persone venivano messe in file, legate, nell'attesa del bagno settimanale, azzerando completamente la loro dignità.. ho trovato macchinari.. ho trovato radiografie alla scatola cranica, ho trovato cartelle cliniche dove la motivazione per la reclusione era semplicemente la troppa esuberanza, l'eccentricità, i gusti sessuali, la melanconia.. ho trovato gli echi delle loro lacrime.

Impedimento, sconfinamento, eliminazione, annullamento,involuzione erano le parole chiave della situazione di un passato troppo recente per non sentirne ancora lo stridio, mentre sarebbe stato così semplice comprendere che “Non esiste follia senza una sua giustificazione, e ogni gesto che dalla “gente sobria” viene considerato “pazzo” coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata compresa dagli uomini.” (Alda Merini).

INTERVISTA DI MAX BOSCHINI A VIOLA LORENZA SAVARESE

Domanda: Ciao Viola, fondamentalmente sono un tradizionalista, per cui per partire ti pongo subito la domanda classica, quella che faccio sempre a tutti. Mi sento molto Marzullo in questa cosa, ma dimmi... chi sei e cosa fai?

Risposta: Non avresti potuto farmi domanda più difficile, Max. Chi sono, dunque... Sono una persona che "s'innamora di tutto", che si emoziona moltissimo anche difronte a situazioni che possono sembrare banali.

Qui entra in gioco la seconda parte della tua domanda "cosa fai?": fotografo ciò che mi crea emozione, fotografo tutto quello di cui mi sto innamorando. E' questo quello che cerco di trasmettere con le mie immagini: lo stesso livello di pathos, di coinvolgimento emozionale che mi ha travolto al momento dello scatto. Se ogni tanto questo mi riesce, allora capisco che la foto è riuscita come doveva!

D: Emozioni. Che bella parola. Credi sia ancora possibile emozionarsi? Anche guardando una fotografia?

R: Se davanti ad una fotografia, come davanti ad una qualsiasi opera d'arte, non ci si riesce ad emozionare temo che qualcosa nel percorso dell'autore non sia andata come doveva! Come ti dicevo, se mi viene l'impulso di scattare, vuole dire che in quel momento ciò che vedo mi stà bombardando di sensazioni. La mia fotocamera dovrebbe semplicemente essere un'estensione di ciò che vedo e sento.. Il mio lavoro è riuscire a ricreare in un fermo immagine le stesse esatte
emozioni che provo in quel momento.

Certo che è ancora possibile emozionarsi e ci sono molti "modi" per farlo. Il mio percorso sull'abbandono cerca di fare proprio questo, è un progetto di divulgazione visiva, che cerca di far comprendere come sia possibile trovare emozioni in posti dimenticati, polverosi e sporchi, che cerca di far capire che la bellezza è insita nella decadenza stessa delle cose. Purtroppo tutto questo stà creando "tendenza" mentre questi posti dovrebbero essere avvicinati con rispetto, con silenzio.. Vanno preservati, tutelati. La loro fragilità è indiscutibile.

D: Non credi allora sia un controsenso esporre il tuo progetto in un luogo deputato alla musica? in che chiave vorresti fosse letto questo approccio?

R: Mi chiedi quale sia la chiave per un giusto approccio. Posso solo risponderti che andrebbero semplicemente visti cercando di immaginare cosa furono, cosa rappresentarono, e quanto ancora di quella vita passata c'è al loro interno.

Prendiamo "Echi", che parla di ex ospedali psichiatrici.. In ogni angolo puoi trovare una traccia che ti rimanda la eco di quello che dentro a quelle stanze è successo. Non voglio certo dire che quando passeggio in quei corridoi con la mia macchina al collo, oltre a sentire una forte emozione, oltre a "respirare" l'atmosfera che ancora è palpabilmente opprimente, io non mi stia anche divertendo nel fotografarli. Il divertimento è parte importante della mia attività fotografica, come penso di quella di chiunque. Bisognerebbe cercare di viverli senza deturparli ancora di più di quello che già non sono, bisognerebbe cercare di rispettare le loro "assenze"; non tutte le persone che vi si avvicinano possiedono la stessa sensibilità.. per quanto mi riguarda, spesso mi dispiace anche solo lasciare le impronte delle mie scarpe.

Non credo sia un controsenso esporre in un locale deputato alla musica, e non lo credo maggiormente se il locale è il Maffia. Credo che tu mi abbia chiesto questo, allacciandoti alla mia precedente risposta, perchè pensi che forse, in un ambiente "non fotografico", la "fragilità" degli edifici abbandonati che verranno esposti sarebbe messa maggiormente a repentaglio. Bhe, sarai stupito dal sapere che gli acerrimi nemici di questi posti sono proprio i fotografi stessi... Come ti ho detto, è diventata una vera e propria "tendenza" andare la domenica, fotocamera alla mano, a cercare vecchie strutture industriali, manicomi, ville.. però diverso è passare il tempo in questo modo perchè "sembra carino", altra cosa è portare avanti, da anni, un percorso fotografico che è anche ricerca e documentazione. Inutile che ti dica che l'approccio delle persone, benchè tutte munite di macchina fotografica, è diversissimo. Per tutelare questi posti da chi ha voglia di disturbarne il loro già precario equilibrio, basta semplicemente non diffondere la loro ubicazione. Vorrei anche sottolineare che sono edifici molto fatiscenti, e di conseguenza a volte molto pericolosi. Bisognerebbe quindi avvicinarcisi con una certa consapevolezza.

Esporre al Maffia invece credo che sia una delle proposte più belle che mi è stata fatta. Conosco il vostro locale da anni, e conosco la vostra voglia di cercare sempre qualcosa di nuovo, alternativo, diverso, da proporre ai vostri visitatori. Credo quindi sia il posto perfetto, per esporre immagini con una tematica che non è proprio "immediata".

D: Nessuno ti ha mai chiesto perchè fai un certo tipo di fotografia? E tu te lo sei chiesta?

R: Uh sì! Mia mamma, in primis che non capisce, e ancora mica le è chiaro, come mai torno a casa ridotta peggio di un minatore, impolverata, piena di fango, ragnatele e rovi vari incastrati nei vestiti oltre che nella carne... ma felice!

A parte questo, sì, mi viene chiesto spesso. Quando racconto solo con le parole il mio interesse per l'esplorazione di vecchi edifici a volte mi sembra che le persone che mi stanno ascoltando abbiano tatuata in faccia la frase "Ma non ti sembra di stare sprecando un sacco di tempo?" Quando invece vedono le immagini, e cominciano a capire tutto il lavoro che è alla base delle immagini stesse, e la "filosofia" con la quale mi avvicino a questi posti, apprezzano moltissimo. Alla fine è comunque un percorso affascinante e la gente è curiosa per natura. Di conseguenza alle persone piace curiosare all'interno di edifici ai quali non si avvicinerebbero mai perchè considerati fatiscenti e inutilii, ma dei quali è intrigante sapere cosa ancora è rimasto della loro storia.

Ti dirò, io non mi sono mai chiesta "perchè" faccio questo tipo di fotografia. Posso dirti che mi ci sono imbattuta per caso. Stavamo cercando, con il mio compagno di scatti David Fontani, location diverse per foto stile "fashion". Ho trovato una community on line, l'unica a livello italiano di un certo livello documentaristico e con una "filosofia" ben definita sull'approccio a questi posti, che annovera al suo interno persone davvero speciali, che seguono questo progetto fotografico da svariati anni. Sono entrata nel vortice.. sono entrata nel tunnel.. Ho cominciato ad esplorare con loro, ho recepito da subito il giusto modo che loro avevano di documentare fotograficamente questi posti, sempre con grande attenzione, sempre senza "disturbare" troppo, senza prendere o danneggiare.. che alla fine era anche il "mio modo". Ma se vuoi me lo chiedo adesso: "perchè amo fotografare questi posti?" Perchè quando sono sola e piccolissima, in lunghi corridoi o in fabbricati immensi, è surreale sentire silenzi che sono assordanti se cominci ad immaginare cosa fù quel posto, un tempo; il distacco dalla realtà è totale, è come se entrassi in un'altra dimensione, come se sentissi le presenze di chi vi ha vissuto. C'è pace in questi posti. Non c'è nessuno. Riesco a "scollegarmi" e ad uscirne rigenerata. Non sò come spiegartelo.. è come se fossi nel mio habitat naturale. Conosci il film "Stalker" di Andrey Tarkovskij? Ecco.. Non a caso i compagni di avventura che aprirono la community lo hanno eletto "icona" del loro percorso.

D: Viola, grazie mille della disponibilità. Ti lascio un po' di spazio libero... hai a disposizione le prossime righe per veicolare un messaggio ai frequentatori del Maffia, puoi dire ciò che vuoi. Pronti, attenti... via!

R: Bhe intanto ringrazio te e l'art director della expo per la cortesia e la professionalità dimostrata. Lavorare assieme a voi è stato un vero piacere, oltre che una bella soddisfazione.

Ai frequentatori del Maffia direi di aver detto fin troppo nelle risposte precedenti... tendo ad essere un attimo logorroica quando comincio a parlare di abbandoni, quindi direi che non li annoierò più!! Spero solo che riescano a percepire almeno un briciolo dell'emozione che ho provato io quando mi sono trovata immersa nella relatà degli ex o.p.; se questo sarà, allora il mio lungo lavoro avrà raggiunto il suo scopo. Enjoy your stay...