AL MURO - Art. 663 (Sesto-Senso, 23-1-’04)

Per chi è passato a Bologna almeno una volta tenendo gli occhi spalancati sui muri, osservando i pezzi sui treni, per chi era al Sesto Senso il giorno dell'inaugurazione, per Manfred che ha fatto le foto, per i colori, e soprattutto per quelli che hanno dipinto le pareti del Sesto Senso. Pubblichiamo questo intervento/intervista di Stefano Questioli perchè qualche cosa rimanga. (jacklamotta / designradar.it)

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Assolutamente spersonalizzata nell’autore e nelle modalità di realizzazione Al Muro-Art.663 trova, attraverso il video registrato durante la creazione dei dipinti murali e le poche parole dei suoi esecutori, le uniche forme di concretezza documentaria. Si è comunque consapevoli che nulla potrà rendere appieno lo spirito di queste dodici ore di performance pittorica. La vita di quanto creato avrà una durata circoscritta. Dopo le consuete tre settimane espositive verrà completamente distrutto (anche di tale processo rimarrà traccia nel sopraccitato video). In considerazione della concomitanza di Artefiera, sosteniamo che parte del senso risiede nella paradossale immobilità di quest’opera, parte nella sua gratuità.

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Con una buona dose di diplomazia si è giunti ad un accordo. Non per eccesso di divismo, ma per fedeltà allo spirito del loro agire gli autori hanno desiderato ribadire il ruolo di subalternità rispetto a ciò che hanno creato. E così questo breve scritto deriva dal riadattamento di un colloquio svoltosi commentando le immagini degli interventi urbani di Banksy . Nonostante la motivata reticenza, alla fine gli interlocutori, che per ragioni di riservatezza saranno indicati con la lettera X, hanno acconsentito a rilasciare questa breve intervista (X in memoria del primo scambio e-pistolare; Ss invece per Sesto Senso)

Ss: Ciò che realizzate sembra non appartenere al mondo del writing?

X: Sì, esteticamente quello che facciamo è molto differente. I graffiti come sono comunemente intesi si assomigliano tutti. Anche se gli stili cambiano, il discorso che portano avanti è uguale da trent’anni

Ss: Questa è un’affermazione da profani!

X: Ormai non ci importa più fare i soliti graffiti . Ad un certo punto ci siamo stancati.

Ss: Anche voi avete iniziato con il disegnare il vostro nome?

X: Certo, con i nostri nomi e le relative variazioni. Questo a quattordici anni ci deve essere. Ti serve per capire che ti puoi esprimere. Ti stimola la creatività. Ma dopo quattro o cinque anni che lo fai diventa quasi un lavoro. E all’estero c’è gente che riesce a viverci.

Ss: Io, solo da poco, mi sono reso conto che writings e tags si possono leggere! Li ho sempre pensati come ideogrammi mandarini. Siete sempre in grado di decifrarli?

X: Si, ma a volte ci vuole dell’impegno. Ci sono i puristi per cui la lettera si deve vedere. Diviene una sorta di decò. Pura bellezza della forma. Poi però questi writers vivono chiusi nel loro circuito, inviano le loro immagini alle riviste… E questo è uno dei motivi per cui abbiamo sentito l’esigenza di evolverci.

Ss: Pensando al titolo, perché era così importante per voi porre l’accento sull’aspetto repressivo?

X: Le norme si sono irrigidite. E sono aumentate le multe. Chi realizza i pezzi sui treni rischia di passare qualche notte in galera.

Ss: I vostri spazi sono gli stessi di solito adibiti al lettering ?

X: Sono anche gli stessi spazi di quelli che attaccano i manifesti pubblicitari. Per noi sono come delle bacheche

Ss Keith Haring è un riferimento d’obbligo. E’ stato un graffitista anomalo, un outsider. Come nel suo caso, il risultato delle vostre opere appare molto più intellettuale del canonico writing. Avete dato forma a quegli umanoidi che hanno invaso tutta Bologna!

X Quelli li realizziamo da tanto tempo… Sì, Keith Haring indubbiamente è stato un punto di riferimento e il suo caso comunque ci insegna che non si può ridurre il mondo dei graffiti esclusivamente al rap. Non si tratta solo di hip-hop. Le voci sono tante. Ed anche le cose da dire.

Ss: Le vostre pitture murali hanno un preciso significato politico. Sia nei modi, come appropriazione di uno spazio urbano, sia nei contenuti. Si può definire arte pubblica?

X: Se vai in giro in città le cose belle sono quelle gratuite. In tanti scrivono il loro nome, rimanendo anonimi. Per me qualsiasi roba scritta sul muro è un graffito. Come in una giungla di segni, dove si incontrano messaggi importanti anche senza firma.

Ss: Le scritte per le strade sono alla portata di tutti. Il loro non è un circuito ristretto come il mondo del writing o delle mostre d’arte contemporanea. E’ forse per questo motivo che avete accettato di dipingere sulle pareti del Sesto Senso senza paura di essere accusati di tradimento?

X In teoria, sì; il circuito dell’arte viene snobbato, ma può scattare anche il meccanismo inverso. Alcuni si chiedono: perché non ci posso andare anch’io? A Milano o a Roma è ormai frequente. A Berlino ci sono Gallerie che guardano molto all'ambiente degli skaters o dei writers. Negli ultimi dieci anni è sicuramente il fenomeno che ha influenzato di più la nostra generazione. Ci è già capitato di realizzare qualcosa in una Galleria. Dopo l’inaugurazione la visitavano solo poche persone in quelle poche ore in cui rimaneva aperta. La cosa al Sesto Senso è come in una vetrina, un po’ come farlo per strada.

Ss Perché la galleria al Sesto Senso è un corridoio, un luogo d’attraversamento. E’ stato il richiamo del muro bianco?

X: Sì, il muro qui è bello. E poi non ci pensiamo prima, facciamo quello che ci viene sul momento.

Ss: Cosa ne pensate degli artisti “da galleria”?

X Un lavoro come un altro! L’artista, inteso come colui che ruota intorno alle gallerie, non ci interessa. Per quel poco che sappiamo, possiamo affermare che non vogliamo immischiarci. Non vogliamo sacrificare neanche una piccola parte di quello che facciamo con qualcosa di diverso dal nostro piacere. E’ perché non ci va di compromettere la cosa più amiamo fare. Il fatto di essere pagati ci imporrebbe di rispondere a qualcuno. Al Sesto ci hai lasciato completamente liberi. Così è perfetto. E non si tratta neanche di combattere il nemico dall’interno.

Ss: Ma cosa vi emoziona dell’arte?

X Il bello delle immagini è ciò che vi sta dietro. Di queste siamo ormai saturi. E’ interessante conoscere il passato, ma siamo arrivati ad un punto in cui l’arte è una merce al pari dei più stupidi dei cioccolatini. Forse fra 5 anni un obbrobrio come la Smart sarà considerata arte… L’arte concettuale, finché non viene mercificata o la net-art sono assolutamente interessanti. Quest’ultima è pubblica, non urbana, ma gratuita e si può duplicare all’infinito. Anche se è solo una questione per una piccola parte della popolazione mondiale…

Ss: Roba per bianchi?

X Almeno per oggi….. Dobbiamo renderci conto in che mondo stiamo vivendo. Questi sono i pensieri che bisognerebbe tenere in mente quando si fa qualcosa. Lo spray, per carità, è comodo, però ti intossica, inquina, e quando è finita la bomboletta la devi buttare. Per questo siamo passati ai pennelli. …Noi non ci saremo all’inaugurazione. Dobbiamo partire, abbiamo un treno alle 8.40. Verremo qualche giorno dopo per fare le foto. Non è necessario che ci siano gli artisti...

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Quell’omino con un dito puntato sul detonatore di una bomba; quell’altro che con le mani pressate sulle orecchie implorava il suo: spegni ti prego, spegni... Qualche tempo fa il Cavalcavia Mascarella si offriva come la vetrina più sincera di Bologna. Ora anche il Centro Sociale Ex-Mercato di via Fioravanti ha una gigantesca parete coperta con il sarcasmo dei loro umanoidi-fumetto. Ma la mostra continua anche presso il Livello 57 ed in tanti altri luoghi…Non è stato poi così difficile scovare X. La stessa operazione l’aveva portata a termine Manfred Regen per la rivista http://www.inguine.net"Inguine" e così sono riuscito ad avere la loro e-mail. E’ doveroso ringraziare Andrea Dal Pian per le riprese video ed Elisabetta D’Agostino per la scelta del titolo. Ma soprattutto loro, X, per aver accettato e per tutto quello che hanno disseminato nella nostra città.

Stefano Questioli


Note:
1) Cfr. www.ekosystem.org. Bansky è da considerare una delle figure più interessanti del fenomeno dell’urban art.
2) Per la storia della sprayart vedi: www.graffiti.org; outland.cyberwar.com/coco144/index.htm, Daniela Lucchetti, Writing, Roma, 1999; Arte di Frontiera-New York Graffiti, da un progetto di Francesca Alinovi, Milano, 1984; Writing from the Underground, Terni, 1996. Culture Aerosol-storie di writers, a cura di Antonella de Palma.
3) Con ciò ci si riferisce ai cosiddetti “pezzi” o masterpieces come vengono chiamati nel gergo hip-hop. Questo sono il risultato dell’elaborazione dei tags (firme) attraverso le tecniche di outline, riempimento, luci e contorni.
4) Si riporta il testo dell’articolo 663 del codice penale: VENDITA, DISTRIBUZIONE O AFFISSIONE ABUSIVA DI SCRITTI O DISEGNI Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, vende o distribuisce o mette comunque in circolazione scritti o disegni, senza avere ottenuto l'autorizzazione richiesta dalla legge, è punito con l'arresto fino a un mese e con 'ammenda fino a lire cinquantamila. Alla stessa pena soggiace chiunque, senza licenza dell'Autorità e senza osservarne le prescrizioni, in luogo pubblico aperto o esposto al pubblico, affigge scritti o disegni, o fa uso di mezzi luminosi o acustici per comunicazioni al pubblico, o comunque colloca iscrizioni o disegni. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano all'affissione di scritti o disegni fuori dai luoghi destinati dall'autorità competente (1). (1) Comma aggiunto dall'art. 8, D.Lgs. 11 luglio 1994, n. 480.
5) Leggi writing.