Design sensibile di Marcello Petruzzi
[Ricerca realizzata per il Corso di Teoria e tecniche delle comunicazioni di
massa
(prof. Pier Luigi Capucci), DAMS, Università di Bologna, A.A. 2001/2002]
Introduzione | Interfaccia
grafica | La progettazione orientata all'utente
Idea di web design | Conclusioni
| Riferimenti
La comunicazione attraverso contenuti visivi trova nel web
design un forte nucleo specifico di cultura della sperimentazione,
in quanto, oltre a portare notevole sensibilità all'impiego commerciale
degli ambienti in Internet e delle più recenti tipologie di applicazioni
multimediali ereditando i pensieri della cultura del progetto, implica
la rigenerazione di un immaginario per l'individuo, e riconduce in laboratorio
tutte le forme e tutti i valori figurativi, consentendo tra l'altro utili occasioni
di "ritorno" critico alle modalità di funzionamento del cosiddetto "pensiero
visivo", degli strumenti di immagine e delle teorie ad essi legate.
Concetti come quelli di realtà e di immagine si ridistribuiscono continuamente,
generando un'estetica di collaborazione tra i processi e gli oggetti. "Le immagini
si trasformano sempre più in oggetti e la comunicazione assume sempre
più le caratteristiche di un'azione" (1). Da
una parte, questo fenomeno surriscalda l'esigenza di nuove convenzioni, mentre
dall'altra, apparentemente in antitesi, provoca una proliferazione di variazioni
sulla produzione di senso, ovvero un arricchimento delle potenzialità
espressive dell'uomo.
I fondamenti del problema non sono certo nuovi, dato che questa contrapposizione
di modelli accompagna la più recente storia dell'informatica che inizia
con la diffusione dei personal computer. Negli anni Novanta, fattasi questione
teorico-metodologica di primaria importanza, la "disciplina delle interfacce"
sembra già abbastanza ricca di esperienze tanto da richiedere un approccio
alla classificazione delle varietà secondo criteri ben precisi. Sempre
in questo periodo la HCI, Human-Computer Interaction, si espone dal campo
dei sistemi informatici come possibile disciplina-guida della progettazione
di ogni evento informatico-comunicativo.
C'è da sempre, insomma, l'idea di un'interfaccia che scompare dalla scena
dell'azione per aumentare la possibilità di concentrazione sul compito
che si deve eseguire, e quella basata sulla riscoperta dell'efficienza della
scrittura figurata (pittogramma, ideogramma, logogramma, icone) che sulla
lunga distanza determina un'agitazione di fermenti espressivi, incentrati sempre
più sulla programmazione OOP (Object-Oriented Programming) dove
ogni entità viene caratterizzata come un oggetto dotato di un proprio
specifico comportamento, capace di reagire, rispondere e modificare la propria
apparenza visiva.
Rimandando lo studio sulle effettive possibilità di sistematicità
dei risultati della "risalita" di cui sopra, espongo di seguito il quadro delle
logiche impegnate da qualche tempo "nel dibattito sulla usabilità dei
siti che vede contrapporsi i fautori di un linguaggio di base, improntato ad
una grafica essenziale visibile su qualsiasi computer, ai sostenitori di un
web sempre più caratterizzato da animazioni e soluzioni visive sofisticate" (2),
che richiedono un salto in avanti nella sensibilità della fruizione (3).
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Un avvenimento tecnologico importante non tanto per le conseguenze
immediate ma per le ripercussioni che avrebbe avuto a lungo termine fu la presentazione
nel 1983 di Apple Lisa (4),il
primo tentativo commerciale di computer con sistema operativo completamente
visuale basato sulla metafora della scrivania e dello spostamento intuitivo
degli oggetti, in altre parole il primo sistema di larga diffusione dotato di
GUI (Grafical User Interface), l’interfaccia grafica a finestre
e icone oggi universalmente standardizzata (5).
Prima di allora, tutti i sistemi operativi erano costruiti sul paradigma di
interazione testuale (6):
l’utente digitava i comandi sulla tastiera e attendeva il risultato dell’elaborazione
sullo schermo. Con la GUI il rapporto utente-macchina veniva di fatto estremamente
facilitato, grazie all’uso del mouse e della grafica intuitiva che contribuisce
da allora a far reagire gli elementi dello schermo secondo il movimento delle
nostre mani, e che "simula" l’informatica procedurale in base al nostro
pensiero, al nostro sistema nervoso e ai nostri metodi mnemonici e organizzativi (7).
Il concetto di usabilità (più avanti, anche usability)
era in via di definizione nell'ambito del design industriale già dagli
anni sessanta come "approfondimento" sulla valutazione ergonomica delle relazioni
tra uomo e oggetto, ma cominciò a svilupparsi nell'informatica - e sotto
la guida di una ricerca psicologica sulle operazioni cognitive - solo dopo il
decennio dei Settanta in cui il computer era ancora uno strumento per pochi
utilizzatori competenti, capaci cioè sia di "fabbricare" software che
di adoperarli. Con gli anni ottanta andava infatti in crisi l'idea di accentramento
della potenza del computer, il "terminale", e si affermava un modello distribuito
in cui le possibilità di applicazione venivano dislocate in unità
autonome: in questo cambiamento, idealizzato dall'apparizione di Apple Lisa
e dimostrato concretamente con la diffusione esponenziale dei computer domestici
e da ufficio, il computer diventava il nuovo strumento della produttività
diretta individualmente e l'usabilità si certificava come un complesso
di studi e tecniche di collaudo in supporto alla progettazione e all'ottimizzazione
dell'interfaccia del software, luogo del contatto tra computer e utente (8).
In breve, la prospettiva dell'ergonomia cognitiva non ignora la
possibilità che l'uomo, con l'esperienza e l'apprendimento, possa interpretare
e colmare il divario tra le azioni consentite dall'interfaccia e sé,
ma preferisce affermare un metodo di progettazione che stabilisca in anticipo
caratteristiche tali da rendere l'interfaccia compatibile con i bisogni psicologici
e le capacità cognitive basilari dell'utente:
In ogni caso la progettazione ergonomica dell'interfaccia si
preoccupa in modo prioritario di rendere cognitivamente compatibile ciascuna
delle fasi attraverso le quali viene colmato il divario tra individuo e sistema,
sia nella fase di esecuzione che nella fase di valutazione (9).
Oggi però la questione si è separata dalla zona
comunque "fisicamente limitata" del desktop di ogni singolo utente per entrare
nello spazio attivo del web, spazio percorribile a tutti gli effetti
anche se privo di superfici palpabili, e testo antilineare, sicuramente
il più diffuso e discusso attualmente. Un software viene comunemente
usato dopo essere stato acquistato; all'opposto, le responsabilità
del primo contatto con un ambiente web pendono in buona parte sulla sua immediata
chiarezza d'uso, appunto sulla sua usabilità. Perciò l'usabilità
interviene in fase progettuale per fornire le risposte a ciò che l'utente
chiede al web, e cioè libertà di movimento, percorsi chiari, personalizzazione,
rapidità. Orientandosi alle azioni che fanno della fruizione una navigazione,
essa vuole insomma progettare sistemi di percorsi e di interazioni.
La progettazione orientata all'utente · Torna
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La moltitudine dei dati provenienti dalle entità istituzionali
che circolano nel web possono essere riassunti, come fa Dominique Wolton (10),
in quattro grandi categorie, alle quali si aggiunge la dimensione altrettanto
estesa e ibrida delle creazioni individuali, delle attività sperimentali
o artistiche, delle riviste amatoriali ecc. Le quattro categorie sono:
Se si cerca di tradurre in italiano con un translator automatico
(come quello di Altavista) il termine inglese "usability", si otterrà
come risultato: impiego possibile.
Che differenza c'è fra uso e usabilità? L'uso è attuale,
è l'azione effettiva che io esercito con uno strumento. L'usabilità
è potenziale, è quello che potrei fare con uno strumento. La pratica
dell'usability si fonda sull'osservazione diretta dei comportamenti dell'utente
quando esplora un sito Internet. Jennifer Fleming (11) spiega
cosa significa progettare per gli utenti: capire il più possibile chi
è l’utente medio, o meglio, l'utente possibile, e avere una
chiara idea dell'audience e dei gruppi distinti in cui una singola audience
può essere suddivisa, soprattutto per siti specializzati su un certo
argomento o un certo tipo di commercio.
Il sistema di navigazione è il centro di questa ricerca: esso deve essere
tanto pervasivo e coerente da sembrare parte naturale del sito, integrato col
resto e creato su vocaboli convenzionali, soprattutto per quanto riguarda i
vocaboli non verbali. In altri termini, esso è il perno attorno a cui
l'architettura del sito, il design e ogni altro elemento ruotano in favore della
progettazione orientata all’utente, un concetto che richiede la
fondamentale pratica del collaudo per capire le abitudini e lo status
socio-economico dell'individuo mai identico a se stesso che è l'utente
del web.
Sin dalle prime ricerche di usability sono state individuate alcune difficoltà
ripetitive ed errori comuni che hanno portato alla formulazione di linee guida
su cosa è meglio fare e cosa è meglio non fare nella progettazione
web. Questi principi di orientamento sono da una parte frutto di un approccio
psicologico cognitivo di osservazione dei comportamenti, e dall'altra la risoluzione
di problemi tecnici in area empirica, in base alle possibilità e alla
conoscenza degli strumenti usati, ad esempio l'ottimizzazione delle immagini,
il formato adeguato dei file, la semplificazione del codice.
Ora, davanti a questi principi ogni sensibile operatore del settore ha imparato
a procedere con elasticità; ma pur con le dovute cautele legate ai rischi
di semplificazione e generalizzazione, queste linee guida possono fornire un
utile riferimento per chi si avvicina ai temi dell'usabilità e all'apprendimento
di consuetudini tecniche.
Sono molti i teorici ad aver enumerato chiavi ipotetiche per la costruzione
di buone interfacce, ma Jakob Nielsen è considerato il vocalist
radicale, autore del libro Web usability in cui espone i celebri
dieci principi. Nielsen però ha anche mostrato in più di un'occasione
i propri limiti lanciando dichiarazioni sterili, come quell'annuncio di "fine
del web design" che appare solo come indice di miopia davanti all'evidenza della
trasmissione continua di stimoli nella rete a cui invece assistiamo, grazie
ai quali si può ritenere errata ogni sentenza del genere, senza rischio
di smentita. Sono in molti a credere che l'usabilità si trovi costretta
a rivedere i propri presupposti: le sue iniziali prese di posizione decadono,
perché la gente sta entrando in relazioni sempre più intime
con i computer, e l'utile si sta fondendo con l'immaginario.
Nel mese di giugno 2002 è apparsa in rete la notizia dell' intesa tra
lo stesso Nielsen e i progettisti di Macromedia, la software house che
ha da poco lanciato la nuova versione dell'ormai celebre applicazione Flash,
forse per non perdere la possibilità di partecipare alla stesura di nuove
convenzioni e standard per gli oggetti della navigazione di tipo rich media,
ovvero caratterizzata da elementi interattivi e animazioni vincolate ai plug-in.
È davvero un caso importante, che al momento non so dire se farà
bene a Flash o a Nielsen, ma che comunque dimostra inesorabilmente l'andamento
delle cose, sia per quanto riguarda la scoperta dell'esigenza di "accoglienza"
estetica e di pronunciazione espressiva negli ambienti in Internet, che per
la standardizzazione, che provocherà ulteriori contestazioni.
Don Norman, socio di Jacob Nielsen alla Nielsen Norman Consulting Group, organizzazione
che da anni si occupa di usabilità, dichiara oramai di avere un nuovo
interesse per il design finalizzato all'uomo, affermando espressamente:
La comunità dell'usability non ha prestato sufficiente
attenzione alla bellezza, al divertimento, o al godimento. Vorrei cambiare questo (12).
E ancora:
L'usability da sola non basta; siti web e prodotti dovrebbero
anche essere divertenti. Ciò vuol dire esteticamente piacevoli ed eccitanti,
a seconda dell'immagine che si vuole trasmettere (13).
D'altra parte, in molte situazioni ciò che nel graphic
design tradizionale è informazione addizionale e allo stesso tempo valore
estetico, nel design d'interazione può essere soltanto interferenza e
confusione visiva. Se il rumore non è intenzionale va eliminato;
per questo restano attuali alcuni argomenti di usabilità, come le seguenti
qualità di una buona navigazione formulate dalla Fleming (14):
Questi principi vanno in realtà interpretati come avvisi
di massima, e non applicati al completo bensì ripensati caso per caso
in base al contesto: si può affermare infatti che di tutti i principi
sopra elencati risulta prioritaria la contestualità. Non si può
negare che gli utenti siano diversi, ognuno con obbiettivi specifici: non abbiamo
più a che fare con la società di massa, ma con la società
delle persone, la società della connessione.
È necessario capire il più possibile - aggiunge Jessica Fleming
- come è fatto e qual è il comportamento dell’utente, e a
questo scopo dobbiamo creare profili e pensare scenari, dove un
profilo è un ritratto sommario della persona che, studiando, possiamo
ritenere il potenziale utente del nostro sito: approfondire la creazione del
profilo può aiutare ad anticipare eventuali problemi, e addirittura aiutare
nell’individuazione di tecnologie e soluzioni innovative. Niente di diverso
dalla teoria pubblicitaria, ma proiettata su scala global-to-local. Pensare
uno scenario, invece, vuol dire avere coscienza della navigazione nella sua
interezza, immaginarne i modi in base ovviamente ai profili ipotizzati: esaminando
uno scenario possono sicuramente emergere idee supplementari sulla funzionalità
e sui percorsi che il sito dovrà avere.
E' sostanzialmente questo appena descritto - e drasticamente ridotto - il modo
in cui nascono le linee guida, i principi euristici e i decaloghi di usabilità.
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Accettiamo l'idea che l'interfaccia sia, al suo fondamento, veicolo
di immagine, mosaico di stimoli (Anceschi).
In passato le tecnologie informatiche dell'immagine avevano ancora costi elevati
e pochi operatori specializzati. La computer graphics era in fase di elaborazione
del proprio statuto, i suoi campi d'azione quelli della videografica televisiva
e dell'illustrazione didattico-scientifica, e di prime incursioni in progetti
come ad esempio quelli degli schermi degli sportelli e dei punti informativi
in aeroporti, stazioni, banche. Dopo un decennio di tentativi e di conquiste
le sue forme originarie possono apparire talvolta "rigide", ma le sue teorie
sono state completamente assimilate e normalizzate nella produzione odierna,
come sarà sommariamente evidenziato più avanti.
Oggi, da un lato la diminuzione dei prezzi (che non tampona l'inevitabile diffusione
"in nero", sine licenza d'uso) e l'aumento dei titoli delle applicazioni
di elaborazione delle immagini, da un altro lo sfruttamento delle risorse creative
in tantissimi settori della comunità, sono i log-in per una maturazione
di pensieri e stili di vita completamente dedicati al dato visivo. Lo schermo
del computer è il regno dei più rivoluzionari cambiamenti del
secolo scorso, in cui ha avuto luogo l'affrancamento dell'arte da se stessa
iniziato ai tempi della videoarte pionieristica, e a ben vedere molto prima,
fino al grande seme delle avanguardie storiche, fino all'intuizione seuratiana
del "mosaico elettronico". Anche il graphic design ha le sue origini nel primo
quarto del Novecento, quando artisti, architetti, poeti e tipografi si impegnarono
nello sviluppo di nuovi modi di comunicare con le parole e le immagini nella
società di massa. Movimenti avant-garde come Futurismo, Dada,
Costruttivismo, andavano creando nuovi linguaggi visivi e forgiando i nuovi
ruoli dell'artista e del suo agire sempre più ispirato dalle forme e
dalle tecniche dei mass-media, così come dai cambiamenti sociali, dalla
politica, dal commercio. L'Avanguardia può essere vista come il presentimento
del nostro quotidiano.
Siamo perciò nelle condizioni di massima libertà della forma descrittiva.
Il racconto, verbale, musicale o visivo, non si preoccupa più di spiegare
la natura del mondo, ma parla di se stesso, con la voce nitida di chi ha deciso,
di chi ha creato. Se si aggiunge il fatto che all'utente la distinzione tra
mondo metaforico e mondo "reale" interessa molto poco, perché vive, osserva,
pensa, naviga, lavora in un unico mondo, a maggior ragione pare più
appropriato affermare che gli elementi figurativi sul monitor di un computer
non raffigurano nulla, ma piuttosto propongono uno spazio d'azione (esperienza
nello spazio) o anche solo uno spazio (esperienza dello
spazio), e la metafora resta un potente strumento a completa disposizione del
creativo che col linguaggio selezionato può elaborare "concetti nuovi",
assenti normalmente dal suo repertorio, e sperimentabili in un contesto che
è conoscenza pura, creazione poetica e autonoma.
Il movente dell'operazione di scelta e di acquisizione è sempre la dimensione
culturale in cui prende corpo il progetto, a cui partecipano una o più
persone.
Nella realizzazione di un'idea ci possono essere alcuni tipi di limitazioni
determinanti, come ovviamente quelle fisiche dello schermo o del sistema
di destinazione, e varie decisioni stilistiche, ad esempio si può
adottare certe figure visivo/verbali piuttosto che altre (15),
o essere più propensi nel rerdere il soggetto in modo realistico piuttosto
che astratto. La scala di schematizzazione grafica di Anceschi, o scala di
iconicità, sorta a sua volta sulla linea dei gradi di iconicità
elaborati da Abraham A. Moles alla Scuola di Ulm in Germania, deriva dall'osservazione,
nella raffigurazione, di una ascesa dalla verosimiglianza all'astrazione, e
segna sette "piani":
Occorre precisare tempestivamente che questo elenco è un
atto di schematizzazione su rilevazioni empiriche sul quale in verità
si è successivamente posato il filtraggio di molti altri studi (16).
Il motivo per cui ho voluto riproporlo è che esso estrae e segnala correttamente
le tipologie di rappresentazione del web design, e l'apparente concettualità
tecnica delle descrizioni al suo interno ha un primo, essenziale stemperamento
nel fatto che i piani di raffigurazione si prestano al massimo dell'intercompenetrazione,
confermando pertanto la propria attualità nella generale disciplina grafica
caratterizzata dalla massima apertura alla commistione dei generi visivi.
Il web design nasce e vive nella decisione di aver negato dapprincipio un modello
dominante di espressione. Si crea davvero una comunicazione visiva, geroglifica (17), non-verbale, disponibile all'estensione.
L'origine delle immagini utilizzate è spesso materiale, fisica, cartacea,
fotografica o pittorica, portata al computer tramite scanner o fotocamere digitali.
Queste immagini vengono immesse nel luogo della manipolazione digitale, dove
cominciano a percorrere una strada che le allontanerà anche radicalmente
dal loro corrispettivo originario. Una volta sullo schermo comincia a prevalere,
nella finalità della rappresentazione, la dematerializzazione dell'oggetto
a causa dei processi manipolatori per i quali non si possono prevedere limiti
teorici: strutture lineari, texture, un'infinità di controlli, sovrapposizioni
e trasparenze, sintesi geometriche; ma anche compilazioni in codice per l'animazione
di elementi, con l'opportunità di simulare l'inerzia e la gravità,
il mutamento di stato, la deformazione. L'intero scenario è però
illuminato da una generale progettualità che è estetica essa stessa,
come messa a punto delle procedure di presentazione, di interattività,
di navigazione. L'organizzazione dei materiali è di per sé un
compito della sensibilità creativa, l'ambiente diventa l'argomento centrale
di elaborazione, e sarà trasformato in un oggetto per proiettare il significato
dell'oggetto di partenza.
Il fruitore si trova contemporaneamente in stato di partecipazione e valutazione:
elementi interattivi, navigazione e feedback per la prima condizione, apprezzamento
o meno delle qualità generali dell'architettura del sito, delle soluzioni
di design e di eventuali animazioni, del concept e del materiale originale
proposto per la seconda. Una sintesi assoluta di arte, informazione, comunicazione,
intrattenimento, una sorgente disponibile che chiede alla fonte di interpretare
il valore proposto e di farsi sentire.
Ma ciò che più conta è che un singolo feeling di
espressione, e nel nostro caso un singolo web designer, non considera mai se
stesso alla pari di un'epifania, ma uno dei ventimila occhi di un sistema esteso
che solo nella sua visione di insieme non solo dice, ma è il momento
espressivo, mentre al suo interno lui e il suo immaginario assistono e contemporaneamente
provocano le forme all'infinito. Ogni particolare del mondo contemporaneo viene
ricaricato di vita e di significato. Il web design con i suoi miti e i suoi
simboli si sovrappone alla banalità con un senso piacevole ludico o persino
rituale, per esempio fotografare la propria sala da pranzo come se fosse un
pianeta inesplorato!
L'estetica si presenta, sotto questa angolazione, come la scrittura e la lettura
di elementi poetici e talvolta enigmatici e paradossali, per cui il fascino
risiede apparentemente nella promessa di soddisfazione di bisogni razionali
(ultimo fine dell'usability), ma smuove in realtà la trasmissione di
una sensualità arcaica.
Miti, invenzioni, racconti vengono trasmessi al nostro comportamento e alle
nostre ideologie in modi anche sorprendenti dal design, ma anche dai fumetti,
dai videogames, dai videoclip e da quant'altro è influente per queste
vie, sia verbalmente che iconicamente, per la scoperta di scritture sempre nuove.
Nell'analisi dello sviluppo di tali linguaggi e nella considerazioni della loro
origine, più che sulle ricerche del marketing, si potrebbe rifondare
criticamente il nostro rapporto ormai problematico con la produzione, con il
consumismo, con l'ecologia, con la comunicazione in genere.
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La nascita di ogni mezzo di comunicazione, dalla stampa alla televisione,
ha richiesto una rinegoziazione dei codici da adottare. Oggi suona ripetitivo
affermare che le pietre angolari su cui si fonda la comunicazione in rete sono
la personalizzazione e la bidirezionalità dell'informazione, cioè
del sapere. Gli esiti più recenti di questo processo evolutivo suggeriscono
l'ulteriore passaggio che vede emergere dentro e accanto al già citato
percorso della Human Computer Interaction il modello della CMC, Computer
Mediated Communication, che presenta caratteristiche più tipiche
della comunicazione "reticolare" e riflette su attività quali le chat
e le web communities (18). Come
al solito, anche in questo caso non conviene ipotizzare un percorso monodirezionale
di sostituzione, come dire un futuro completamente centrato sulla CMC; sembra
più significativo, invece, rilevare l'esistenza di un progressivo processo
di ibridazione destinato ancora una volta a rimettere in gioco le caratteristiche
di entrambi i modelli. Stabilito che il modello HCI affronta dalla sua nascita
e in primo luogo il problema dell'usabilità dei computer, il modello
CMC si sviluppa a partire dall'analisi di un fenomeno specifico del web, l'uso
della rete come strumento di comunicazione interpersonale. Presupposto di tale
fenomeno è che l'interazione coinvolga molti soggetti dislocati; l'esigenza
dell'interfaccia è allora quella di definire appropriatamente il contesto
della situazione comunicativa condivisa tramite una scelta efficace di metafore,
verbali o visive. L'attivazione di relazioni e scambi ipertestuali, la socialità
mediata, il sapere condiviso sono gli scopi di questo modello.
Ciò che davvero va difeso è, per così dire,
il disegno: l'essere "carnale" del sapere, il sogno di profondità
culturale e le possibilità/volontà di una rappresentazione visiva
matura eppure geneticamente poliedrica; e non l'essere freddo, astratto, unicamente
informatico, il data anti-creativo di un basico dialogo fra due schermi.
La natura hic et nunc del medium dimostra insomma di avere ancora una
grande capacità di germoglio spontaneo con cui ci si può ritrovare
in un confronto anche non facile. Dal momento che gli esperti di usabilità
hanno parte determinante in più di una fase della progettazione di un
ambiente in Internet, dalla definizione degli obiettivi alla costruzione dei
contenuti, per andare in definitiva a incidere sull'interfaccia finale, il rapporto
tra questi tecnici e i comunicatori visivi deve assolutamente risolversi, e
spero che nel corso di questa piccola ricerca sia emerso qualcosa su ciò
che va preservato dei due approcci di lavoro. Ciò che separa le due logiche
non è né la partenza né il punto di arrivo, ma piuttosto
il percorso e la valutazione degli orizzonti. Quella dei teorici di usabilità
è mossa verso una standardizzazione regolamentata in virtù della
funzionalità: la qualità di un progetto di interfaccia, quindi,
si rivelerebbe nella rapidità e nella correttezza dei compiti da eseguire
per l'utente. Quella dei web designer si fonda sul valore dell'innovazione come
segno di un'ideazione efficiente, e quindi sia strumento che suggerimento,
sia tracciamento che interpretazione, suggerirei, grafologica.
Effettivamente l'abilità nello scrivere codice o nel creare prorompenti
esperienze visive è molto diversa da quella necessaria per creare una
navigazione efficace; eppure si deve tenere conto di molti fattori di diversificazione,
dall'eterogeneità degli utenti alla velocità dei cambiamenti legata
allo sviluppo del web, sviluppo costante che spesso elude le aspettative e i
pronostici compiendo deviazioni mai organicamente calcolabili sulle convergenze
e le divergenze della comunicazione odierna. In un ambiente così problematico
dove non possono essere sottovalutate neanche le differenze delle larghezze
di banda, dei processori, delle piattaforme, degli schermi, delle tastiere,
tutto sembra manifestare la transitoria condizione di sovrapposizione di
paradigmi (19), in cui si abbandona la primissima fase a contenuto tutto sommato
testuale e statico e ci si immerge in un nuovo panorama di problemi di gestione
dei complessi grafici e multimediali, di evoluzioni nel markup language (da
HTML a XML, il "web semantico" secondo la definizione di Tim Berners-Lee) e
molto altro ancora.
Il fine del design, come quello dell'usabilità (a cui si deve il merito
di aver formulato o messo in evidenza lo stabilirsi di nuovi efficaci fattori,
nuove convenzioni), non ignora affatto l'importanza di rendere tale ambiente
più facile affinchè la gente ottenga ciò che cerca, nel
caso in cui cerchi e voglia ottenere, e di essere un supporto per facilitare
le loro vite. Ma per quanto riguarda l'invenzione di esperienze e la produzione
di senso, ci sono differenti gradazioni di amore.
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Bibliografia:
Webgrafia (alcuni siti di discussione e di proposte visive):