Intervista a Massimo Vaccaro

(a cura di Boskizzi )

Max, ciao. Hai a disposizione design(radar tutto per te, che mi dici per cominciare? Chi sei, cosa fai, dove vai, da dove vieni, cosa vuoi...

"Chi sono? Bella domanda, vorrei saperlo anch'io...". Ho esordito così nello scrivere il mio profilo nella relativa pagina del mio sito di fotografia www.105mm.it, questo perché mi risulta difficile auto definirmi. Sono un ingegnere elettronico con la passione per la fotografia e per l'arte in genere, mi piace scoprire e sperimentare forme espressive, è quasi un bisogno, una necessità. Da quando ho cominciato a mettermi in gioco con la mia prima mostra personale alla "Fotogalleria Italia" di Faenza, gestita da Pino Valgimigli (presidente del Gruppo Polaser, ovvero di coloro che mi hanno attaccato la malattia della fotografia Polaroid), non mi sono più fermato.

Da dove vengo e dove vado? Esco di casa e corro, un'altra passione nata da un'anno e mezzo a questa parte, è diventata quasi una malattia, mi aiuta a scaricare le tensioni e a pensare. Primo obbiettivo: arrivare in fondo alla maratona di New York il prossimo novembre e, se sopravviverò, affronterò anche quella di Milano in dicembre.

Cosa voglio? Inseguire i miei sogni. Potrà sembrare una frase banale, forse immatura, ma dato che abbiamo una sola vita bisogna inseguire le proprie aspirazioni. E' sempre meglio arrabbiarsi per un insuccesso piuttosto che rimpiangere di non averci mai provato.

Mi è sembrato di capire, curiosando tra il tuo portfolio, che sei più affine alla fotografia tradizionale che a quella digitale: non è un controsenso, per un ingegnere elettronico?

No, preferisco la fotografia tradizionale in quanto la ritengo più "pura" rispetto al digitale. Nel caso della fotografia digitale tutte le elaborazioni devono essere fatte al computer e, francamente, non è un lavoro che fa per me.

L'immagine deve nascere dentro di te nel momento in cui decidi di catturarla, perché in quel momento la senti tua, non deve nascere davanti ad un monitor. La fotografia tradizionale ti permette inoltre una maggiore "manualità", pensa ai "sandwich" di diapositive (vedi Michael Orton), pensa alle manipolazioni o ai mosaici Polaroid (vedi Maurizio Galimberti), pensa alle immagini realizzate mescolando varie tecniche come transfer e distacchi Polaroid, Cibachrome, foro stenopeico (vedi Paolo Gioli).

Non sono contro la fotografia digitale, ognuno sceglie la forma espressiva che meglio gli si addice, ma al momento non rispecchia il mio modo di sentire la fotografia.

Qual'è il tuo "parco" macchine? Non pensi che la fotografia analogica sia sempre più difficile da perseguire, come tecnica? Le pellicole Polaroid necessitano di un mutuo, la chimica e i rulli per il bianco/nero sono sempre più difficili da reperire, ...

Non penso sia più difficile. E' vero, le pellicole Polaroid costano, ma ci sono dei canali (grazie Internet!) che ti permettono di acquistarle a prezzi accettabili. Per quanto riguarda il bianco e nero, purtroppo non ho molto tempo da dedicare alla camera oscura, anche se mi piacerebbe, pertanto mi rivolgo a negozi di fiducia, in generale però preferisco scattare a colori.

Sempre col conforto del tuo portfolio sotto il naso, mi sembra di poter affermare senza paura che sei molto duttile, come fotografo: come ti sei avvicinato alla fotografia? Qual'è stato il tuo percorso?

Ho cominciato a fotografare circa 6 anni fa, quando i miei genitori mi hanno regalato una Nikon F60, da lì ho cominciato a leggere qualche manuale, a studiare le foto dei grandi fotografi, mi sono documentato sulle varie tecniche ed ho cominciato a sperimentare.

La sperimentazione ti permette di ottenere una maggiore flessibilità in termini di espressione artistica, inoltre, un'altra cosa importante, è lo studio della storia dell'arte in quanto la conoscenza delle opere del passato ti permette di rielaborarle da nuovi punti di vista. Come ha detto una volta Maurizio Galimberti: "Al giorno d'oggi è difficile inventare qualcosa di nuovo, è però possibile rielaborare quanto è già stato fatto per dargli una nuova forma".

Forma e sostanza. Cosa ti auguri di trasmettere, per mezzo di uno scatto, a chi si pone come osservatore?

L'esigenza di scattare nasce dall'emozione che provi di fronte ad un soggetto, pertanto si spera che chi osserva l'immagine riesca a cogliere la stessa emozione. In ogni caso mi auguro che le mie immagini non lascino indifferente l'osservatore.

Tra le righe del tuo blog ho captato una certa vena polemica nei confronti di chi seleziona e organizza esposizioni. Ci puoispiegare il tuo punto di vista su questa cosa?

Più che altro è stato uno sfogo...Ho notato che in Italia c'è molta attenzione verso i "giovani artisti" e fin qui nulla di male, ma perché se hai più di 35 anni nessuno ti da retta, oppure devi pagare fior di soldoni per esporre? Qualcuno potrebbe anche dire che se fino a quell'età non hai combinato nulla significa che non vali nulla, ma non potrebbe anche essere che una persona cominci a "produrre" in "età avanzata"? Io, ad esempio, ho cominciato a fotografare seriamente a 30 anni e non mi ritengo un fallito per questo, continuerò a farloperché mi riempie di soddisfazione. Sarebbe bello se ci fossero più spazi espositivi capaci di valutare i tuoi lavori in maniera obiettiva e ti dessero la possibilità di esporre senza pretendere nulla in cambio, ma forse questa è solo un'utopia.

Pensi che la tua età possa influire anche sul tuo modo di fotografare? Polaroid, low-fi, ... non credi che certe cose sia "appannaggio" di noi matusa? :-)

Penso che l'età in sé non influisca sul modo di fotografare, sono l'esperienza e la conoscenza che ti permettono di crescere artisticamente.

Sarei curioso di vederti di persona, poi ti spiego perché. Puoi descriverti, per cortesia?

Non è che mi piaccia molto descrivermi, penso di essere una persona normale nell'aspetto.. .forse un po' folle nello spirito.

La domanda di prima, ha un senso... :-) In questi giorni sono incappato, sul blog di EmmeBi, nella definizione di Ribellione differita: "Tendenza giovanile a evitare le attività e le esperienze artistiche tipiche della gioventù per concentrarsi su una seria esperienza lavorativa. Il conseguente rimpianto per la gioventù perduta che di solito si palesa intorno ai trent'anni si accompagna in genere ad acconciature bizzarre e a costosi ma ridicoli guardaroba". Ti ci ritrovi? Che ne pensi?

Non mi ci ritrovo pienamente, molto più semplicemente ho cominciato tardi... sicuramente non mi sono concentrato "su una seria esperienza lavorativa". Concepisco il lavoro come uno strumento che ti consente di guadagnare e vivere dignitosamente, ma non potrà essere il fine ultimo della mia vita. Non ho rimpianti "per la gioventù perduta", bisogna sempre guardare avanti per migliorare.

Hai ragione, guardiamo avanti. A cosa stai lavorando in questo periodo?

Ultimamente ho ripreso in mano la mia Polaroid One, la mia prima macchina Polaroid, regalo di mia moglie del Natale di circa 4 anni fa, e sto realizzando una serie di dittici che hanno come soggetto i cartelloni pubblicitari. Il lavoro si chiama "Spot" ed è ispirato ai decollages di Mimmo Rotella.

Da dove nasce questo amore per la Polaroid? Ultimamente mi sono imbattuto in un certo numero di persone amanti di questa "filosofia". Non credo sia un caso e da ognuno ho cercato di portare a casa il mood che li anima. Sono curioso, quindi. Dimmi tutto...

Diciamo che è stato quasi un caso, o forse la Polaroid ha trovato me... Come ti ho detto, quando ho iniziato a fotografare, mi sono documentato su tutte le tecniche possibili e immaginabili, ero spinto da una curiosità morbosa e sono capitato sul sito di Maurizio Galimberti. Le immagini mi hanno colpito molto, tanto che l'ho contattato per avere maggiori notizie riguardo a questo tipo di fotografia. Lui poi mi ha consigliato di contattare il Gruppo Polaser e da lì sono impazzito! E' un approccio alla fotografia completamente diverso, qui la tecnica non conta, non contano gli obbiettivi, i diaframmi, i tempi, conta solo la tua immaginazione, la tua ispirazione, il tuo istinto. Il potere dell'immagine è dato dalla sua semplicità e dalla suaimmediatezza, quell'attimo che cogli sulla pellicola rimarrà unico.

Questa cosa del Gruppo Polaser mi intriga. E' un normale circolo fotografico? Come funziona?

Noi amiamo definirci "movimento artistico", comunque puoi trovare tutte le informazioni su www.polaser.org. Puoi anche contattare direttamente il presidente Pino Valgimigli, nella galleria dei soci potrai trovare il suo riferimento.