IBRIDE VISIONI

(di Federico Amico)

Qui, nel tentativo di condurre un’esplorazione sulle culture elettroniche, avanziamo delle ipotesi circa la loro relazione con le immagini in movimento, relazione sempre più stretta tanto da diventare coincidente.

Tra le culture di matrice elettronica che popolano i club abbiamo da sempre identificato quella musicale come preminente, fulcro aggregativo di immaginari collaterali. L’approccio musicale concede di certo maggiore attenzione, ma tale approccio ha portato con sé alcuni corollari. Dai Kraftwerk a Laurie Anderson a Fatboy Slim il corpo, il volto del musicista elettronico non ha mai richiesto rappresentazioni evidenti, va da sé che nella sua spettacolarizzazione abbia marcato molto spesso una assenza al grido di “revolution is faceless!”. Nello stesso tempo è sempre stato accompagnato da un’iconografia particolarmente ricca e variegata, sia statica che dinamica, ha insomma supplito all’assenza del corpo e del volto attraverso una iperproliferazione di immagini.

Non solo, proprio per la sua specifica natura elettronica, ha costruito un ambito che tende intrinsecamente alla intersezione di strumenti a prima vista non pertinenti.
Ma qui è necessario fare qualche passo indietro fino agli inizi del ‘900, quando coloro che dell’artificioso e del macchinico costituivano un vero e proprio manifesto, vanno ipotizzando un “teatro totale”, una spettacolarità nella quale gli spettatori potessero circolare entro scenari che presentano azioni diverse, ai quali collaborino “il cinema, la radio, il telefono, la luce elettrica, il neon, l’aeropittura, l’aeropoesia, il tattilismo, l’umorismo e il profumo” (Filippo Tommaso Marinetti – “Teatro totale per le masse”, 1933), sancendo quindi la necessità di una interdisciplinarità assoluta.

Proprio a partire dai Futuristi si evidenzia come l’apporto tecnologico sia in grado di ridefinire i campi di intervento e le modalità effettivi dell’espressione. Se diciamo che la fotografia non si pone come semplice antagonista della pittura, ma la libera dai compiti esecutivi, possiamo traslare il concetto e renderlo disponibile su qualsiasi versante dell’espressione: ogni apporto tecnologico non si pone quale deterioramento del fare, bensì accresce di senso lo stesso fare, aprendo nuovi scenari e nuove possibilità che hanno lo stesso grado di realtà e interesse.

E’ quindi possibile tracciare due percorsi paralleli di sviluppo tecnologico che comportano un’alterazione virtuosa dei canoni espressivi visivi e uditivi: pittura – fotografia – cinema – video / suoni – rumori – nastri – sequencer
Il suono artificiale e il suo rapporto con corpo e ambiente sono fra gli elementi significativi nella musica contemporanea e nelle esperienze di performance, danza e teatro a cui il suono è legato.

Il collegarsi dei linguaggi nell’ambito delle nuove tecnologie digitali crea inediti processi di scambio fra essi, mentre la possibilità di gestione aperte dai nuovi strumenti amplia gli obiettivi di intervento e attiva interesse su dispositivi complessi dove progetto, esecuzione e partecipazione del pubblico sono interagenti.
Questo processo si sviluppa evidenziando e ampliando le prospettive di collegamento fra produzione del suono e linguaggi virtuali.
Produzione a distanza attraverso sensori o nelle nuove ipotesi di via rete, segnale, connessione, suono-ambiente: le linee di ricerca musicali si ridefiniscono in un ambiente interattivo e completamente artificiale, spostandosi verso la partecipazione del corpo-spettatore trasformato in corpo produttore.
Ritmi del cuore e ritmi del caos informatico si sommano in una dimensione di confusa e inedita scoperta che ricolloca al centro le strategie di John Cage: “… Credo che l’uso del rumore per fare musica continuerà e si diffonderà fino a giungere a una musica prodotta con l’aiuto di strumenti elettrici, i quali renderanno utilizzabile per scopi musicali qualsiasi suono possa essere udito…” (John Cage – “Biennale musica”, 1973)

Ma la corrispondenza dei campi di intervento non si arresta alla semplice interdisciplinarietà, non si esaurisce nell’analogia dei processi, anzi, proprio attraverso l’intersezione dei campi arriva a costruire scenari di senso che riformulano spazio e tempo.
“[Il dipinto] invita l’osservatore alla contemplazione; di fronte ad esso lo spettatore può abbandonarsi al flusso delle sue associazioni. Di fronte all’immagine filmica non può farlo. Non appena la coglie visivamente, essa si è modificata. Non può venir fissata” (Walter Benjamin – “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, 1936).

In questo testo seminale Benjamin coglie molti dei temi che contraddistingueranno la riflessione sulle attività espressive condotta dagli inizi del ‘900 ad oggi. Identifica la possibilità della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte quale mutamento di paradigma epocale per l’attività espressiva umana. Al di là del suo concentrarsi sulla fotografia, posta quale evidente antagonista di una pittura rappresentativa, pone il proprio acume al servizio di una disamina delle immagini in movimento.
Così come per la fruizione dell’espressione musicale, la fruizione dell’immagine in movimento prevede una temporalità distinta da quella interiore dello spettatore.
Si prefigura allora una ‘sensologia’, un già sentito, un espressività preconfezionata e omologa che viene rimessa in gioco nel momento in cui entra in gioco la funzione interattiva, da cui si impone un vincolo partecipativo.

Di nuovo la tecnologia arriva a ridefinire le modalità creative e fruitive dell’oggetto espressivo. Tecnologia che nella sua diffusione di massa determina anche i fattori di accessibilità alla creazione, alla fruizione, alla riproducibilità.

L’analogia temporale tra output musicale e visivo trova altro terreno di confronto nel momento in cui il faceless deve supportarsi di quella ipertrofia di immagini di cui sopra. Allora la produzione di immagini si allontana per forza di cose dalla costituzione in icona contemplativa, per dirigersi verso una dimensione di flusso temporale, quasi a sancire la verità del parallelo tecnologico di cui sopra.

Da quando la disponibilità dei mezzi di produzione espressiva si è fatta diffusa e accessibile, un’ulteriore ambito di senso viene ad essere rideterminato. La categoria discriminante dell’esercizio, un passaggio dallo stesso allo stesso, un eterno ritorno dell’uguale, si sostituisce a quella di bello, ancora una volta a sottolineare come l’aspetto performativo nell’ambito dell’espressione non possa più essere eluso.
Se osserviamo un dj set e il suo corrispettivo visivo costruito dal vj, nella sua funzione di produzione estetica, ci accorgiamo che risponde a molte delle esigenze attuali delle modalità espressive legate al fare artistico: si tratta di azioni che reiterano e fanno reiterare su se stesse una progressione musicale e visiva come in un esercizio fine a se stesso. Si costruisce dunque un percorso che accentua l’idea di flusso quale processo combinatorio di più fattori, che accentua l’idea di transito o deriva, e che risponde a nostro avviso all’esigenza intenzionale delle modalità espressive contemporanee. Un set audio/video nell’essere decisione di indirizzo è nello stesso tempo moto, costruzione, possibilità. Promuovere installazioni performative, sonore, visive assurge a simbolo di quella provvisorietà e possibilità effettuale che è propria del nostro sentire.

Parimenti alla musica di matrice elettronica allora la produzione di coloro che supportano lo spettacolo attraverso la produzione, la combinazione, l’alterazione delle immagini compiono lo stesso tipo di operazione. Mettono in scena moderni polittici in movimento, sì corrispondenti alle necessità di una civiltà dell’immagine, ma sovvertitori delle analogie costituite, tracciando narrative altre proprio come il dj racconta una storia attraverso i suoni, una storia interpretata dal dancefloor.

Bibliografia

Benjamin, Walter – L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica – Einaudi
Cometa, Michele – Dizionario degli studi culturali – Meltemi
De Carolis, Massimo – La vita nell’epoca della sua riproducibilità tecnica – Bollati Boringhieri
Diodato, Roberto – Estetica del virtuale – Bruno Mondadori
Marchesini, Roberto – Posthuman – Bollati Boringhieri
Marinetti, Filippo Tommaso – Teatro totale per le masse – Mondadori
Perniola, Mario – Del sentire – Einaudi
Perniola, Mario – Contro la comunicazione – Einaudi
Riout, Denys – L’arte del ventesimo secolo – Einaudi
Senaldi, Marco – Enjoy! – Meltemi
Taiuti, Lorenzo – Corpi sognanti – Feltrinelli